Cosa può darti un percorso MBSR

Qual è l'arte di saper vivere?
Trasformare ciò che è considerato nemico, nel nostro più potente e prezioso alleato.


Partecipare a un protocollo MBSR è un percorso di crescita ed esplorazione; è darsi, nel tempo di 2 mesi, di 28 ore di pratica in gruppo e di circa altre 42 ore di pratica individuale, la reale possibilità di trasformare quei blocchi, quelle paure, quei nodi di durezza che ci portiamo dietro nella vita.
Il più delle volte, nelle nostre giornate, noi non siamo nel momento presente: siamo completamente assorbiti in altre cose, altri pensieri, progetti, pianificazioni, oppure preoccupazioni, fretta, disattenzione, giudizi e valutazioni su noi stessi o sugli altri o su come dovrebbero essere le cose secondo noi. Tutto questo ci porta in uno stato mentale che è l'antitesi, l'esatto contrario, della strada per il benessere, ma in un certo senso non riusciamo o meglio, non sappiamo come tirarcene fuori, perché sono abitudini molto forti, radicate, che hanno messo profonde radici in noi ma che, allenandoci, possiamo pian piano conoscere ed estirpare, come delle erbacce che infestano il nostro giardino.

Per capire quanto questo tocchi anche noi, nel nostro piccolo, possiamo provare a pensare a quei momenti in cui magari guidiamo nel traffico...oppure discutiamo con qualcuno....o ancora continuiamo incessantemente a ripensare a qualcosa pure perdendoci il sonno...o se ci rifugiamo in quel paio di bicchieri di vino in più....
Ecco, tutti questi esempi sono legati a quello che Kabat-Zinn, il creatore del protocollo MBSR, ha definito "pilota automatico": cioè quando il nostro comportamento viene dettato non da noi stessi e da quello che realmente vorremmo (nessuno vuole litigare furiosamente o provare ansia) ma da un automatismo, da un qualche meccanismo interiore che a volte non sappiamo neanche bene da dove nasca, ma si innesca (causato forse anche esternamente da qualcosa, una parola sgarbata, un automobilista che ci taglia la strada, la perdita di qualcosa a cui tenevamo ecc...) e quando si innesca, noi perdiamo il timone della nostra barca...perdiamo il controllo...perdiamo la serenità...diciamo e facciamo cose che non avremmo voluto.

Tutto questo è automatico, è meccanico, e per stare bene o tornare a stare bene, dobbiamo capire come interromperlo e tornare in asse. Con le pratiche che apprendiamo in ogni incontro del protocollo, noi portiamo la nostra attenzione, la nostra consapevolezza, sulle sensazioni fisiche, sul respiro, sui suoni, sui pensieri, su qualunque sia il nostro oggetto iniziale di consapevolezza...e osserviamo. Osserviamo come cambia, di momento in momento, anche se spesso ci sembra che le cose non cambino mai. Quando stiamo male, ci sembra di stare sempre male, da tanto tempo, e quando stiamo bene, magari pensiamo già a quando questo benessere se ne andrà. La realtà è in continuo mutamento, ma se ci attacchiamo a un'idea fissa di questa realtà, che ci siamo costruiti nella nostra mente, non appena la realtà cambia, ecco che soffriamo, ci sentiamo traditi, soli, ingannati, ecc...

Allenandoci, con la pratica e l'ascolto paziente e gentile, potremo ritrovarci con una maggiore fiducia in noi stessi, negli altri, nelle nostre capacità, con una maggiore capacità di concentrazione e attenzione a un miglior rendimento nel lavoro o nello studio. Inizieremo a provare più emozioni positive, quelle negative saranno ridotte e meno pesanti, saremo in grado di monitorare con leggerezza i nostri pensieri, operando un'azione di decentramento da essi (chiamata "defusione cognitiva"; puoi leggere qua un articolo in cui ne parlo più in dettaglio) che quindi così non ci risucchiano più, le nostre relazioni con gli altri potranno migliorare, ma non tanto per il fatto che siano gli altri a cambiare (cosa difficile che avvenga) quanto piuttosto dal fatto che siamo noi a cambiare il modo in cui ci mettiamo in relazione con le persone o gli eventi.

IL MOMENTO PRESENTE: L'UNICO CHE ABBIAMO

Le pratiche di mindfulness che vengono svolte durante il protocollo terapeutico per la riduzione dello stress appartengono alla tradizione meditativa classica, unite ad altri esercizi appartenenti alle correnti psicoterapeutiche cognitiviste (comunemente dette "di terza generazione"), e ci aiutano a tornare nel momento presente.

Non mi stanco di ripeterlo: la Mindfulness è innanzitutto uno stato dell'essere. Non è una tecnica, non è un trucchetto da usare quando stiamo male, non è una comoda magia olistica dal sapore d'incenso. Si tratta di un verso e proprio cammino interiore di scoperta e crescita psicologica e umana. Entriamo in contatto profondo con la nostra mente e il nostro corpo, per conoscere il modo in cui la nostra mente funziona e va a creare, a costruire letteralmente, la realtà che viviamo. Sapere questo diventa molto importante nella vita quotidiana, specialmente in quei momenti che per noi sono più difficili perché ci mettono alla prova, in cui proviamo emozioni spiacevoli, sofferenza psicologica, stress, o anche dolori fisici dovuti a varie condizioni.

Le otto sessioni del percorso possono sembrare una richiesta troppo impegnativa, talvolta, che si aggiunge alla necessità di praticare anche a casa tra una sessione e l'altra. Questo è un problema comprensibile, che però abbiamo davvero bisogno di affrontare allo scopo di poterci dare questa reale occasione di cambiamento sano.

Partecipare al protocollo diventa così un'esperienza di dedizione, di ascolto, di accoglienza di noi stessi, in modo curioso, gentile e compassionevole, quindi smettendo finalmente di addossarci colpe o rimuginare sugli errori commessi e mille altre abitudini mentali tossiche, che promettono di far sparire il nostro disagio ma in realtà non fanno che aumentarlo. E' un regalo che facciamo a noi stessi: ogni volta che ci mettiamo seduti a meditare, o che svolgiamo le altre pratiche (statiche, in movimento, di relazione, eccetera..) è come se tornassimo finalmente nella nostra vera casa. E in questa casa, succede che possiamo sentirci forse per la prima volta, completi, al sicuro, senza più dover combattere o doverci difendere da niente.

NEL PROTOCOLLO, CI ALLENIAMO ALLA CONSAPEVOLEZZA

E' vero, alleniamo la consapevolezza, ma consapevolezza di cosa? Di noi stessi. Della nostra esperienza, qualunque essa sia. Delle nostre emozioni, dei nostri pensieri, delle nostre sensazioni fisiche, dei nostri schemi mentali, delle abitudini, anche di quei meccanismi che non sono propriamente consci ma che appunto sono automatici, cioè vengono "spontanei". Spontanei nel senso che agiscono al di fuori del nostro spazio di scelta, della nostra libertà.

Praticare la meditazione diventa così un allenamento alla libertà, quella vera, quella in cui noi possiamo davvero scegliere su cosa concentrarci, come comportarci, come rispondere agli eventi, in che direzione dirigere la nostra vita, quali sono le cose realmente importanti per noi e come possiamo difenderle.

Si tratta di un vero e proprio allenamento, corrispondente a quello che faremmo in palestra per costruire massa muscolare con gli attrezzi e la pesistica, proprio perché, iniziando con le prime pratiche di meditazione, la prima cosa che noteremo sarà proprio il comportamento automatico della mente e del corpo: avremo delle sensazioni, avremo dei pensieri, che sono uno specchio di quello che ci succede abitualmente, nella vita "normale". La consapevolezza infatti si può paragonare proprio a uno specchio: riflette quello che abbiamo nella nostra mente e a quel punto, dopo averlo visto, sappiamo dove ci troviamo, sappiamo come ci sentiamo e cosa dobbiamo fare per stare meglio.


DOTT.SSA FEDERICA GAETA

Terapista della Riabilitazione Psichiatrica

Istruttrice Mindfulness e protocollo MBSR

tel. 327 49 58 256


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