"Ogni tua scelta è interconnessa
con le scelte di altri miliardi di persone.
Fai il tuo passo leggero,
la tua voce gentile ma ferma,
la tua mente pulita"
In risposta alle richieste di informazioni che sto ricevendo, ho pensato di dedicare un articolo proprio a dare qualche indicazione su che formazione svolgere per proporre interventi di Mindfulness nella propria professione. Spesso la richiesta viene da colleghi tecnici della riabilitazione psichiatrica come me, ma anche psicologi, psicoterapeuti, medici e altri professionisti sanitari, oltre che insegnanti di Yoga o di altre discipline afferenti in varie forme e titoli alla cura della persona, al benessere, al cosiddetto olismo.
Spero di rispondere in modo chiaro e utile ai dubbi e alle domande, allo scopo di sostenere, per quel che posso nel mio piccolo, la pratica e il lavoro importante e delicato che si fa. Le informazioni che darò non sono ovviamente indicazioni assolute, e sono basate principalmente sulla mia esperienza.
Sarà un testo moderatamente lungo. Prendetevi la calma necessaria. Ciononostante, in questo scritto potrei aver dimenticato qualcosa; chi volesse farmi notare eventuali mancanze o dare un proprio feedback, sentitevi liberi, è ben accetto. Scrivo questo articolo nella speranza che possa gettare un po’ di luce su un panorama tanto vasto quanto confuso come quello del mercato formativo della Mindfulness. Iniziamo.
"Interconnessione"
Da un lato, l’interesse che la pratica sta suscitando non solo da parte di praticanti ma anche da parte di colleghi e non-colleghi è un fatto che mi rallegra: la maggior diffusione della Mindfulness sarà senz’altro d’aiuto a molte persone che non la conoscono ancora e che non penserebbero mai o non avrebbero ragione di andare in ritiro in qualche monastero buddhista e che possono però avere beneficio nell'apprendere questa modalità di fare esperienza a cui siamo oggi scarsamente abituati.
Dall’altro lato, proprio questa maggior diffusione mi inquieta perché spesso ho la sensazione che vada a sminuire, a svuotare, a contaminare e travisare i significati e la portata della pratica stessa. Da un lato c’è l’arricchimento, ma dall’altro la grande o eccessiva varietà di offerte, con le loro modalità di presentarle, può creare anche confusione e dare idee non corrette.
In questo rischio di generare confusione naturalmente faccio rientrare anche me stessa, e per questo cerco sempre di proteggere e trasmettere il significato più profondo della pratica in ogni mia attività e contenuto che condivido sui social, nel modo migliore che conosco in ciascun momento, sulla base del punto e delle condizioni in cui mi trovo.
Fatta questa premessa spero non troppo noiosa e che possa altrettanto far riflettere futuri colleghi insegnanti di Mindfulness, veniamo al punto che forse interessa di più: come si diventa insegnanti o istruttori di Mindfulness?
Per prima cosa, direi che la Mindfulness non si insegna: SI INCARNA.
Le qualità di accettazione incondizionata, di compassione, di pura attenzione senza giudizio, di pazienza, di amicizia anche verso ciò che è ostile, di presenza senza aspettative (per citarne di getto alcune) non stanno in un pulsante che si può premere a piacimento e non è qualcosa che si padroneggia dopo aver ottenuto una qualifica. Non sono neanche qualcosa che possiamo inserire nella mente (e nel cuore) delle persone che passano da noi: ognuno avrà il suo percorso, le sue intuizioni e le sue difficoltà. Come "insegnanti" possiamo paradossalmente fare meno di quanto ogni persona potrà fare per sé, praticando. La qualifica serve, certamente, perché dà le basi, le informazioni fondamentali, linee guida condivise e sicure, dà struttura anche all’istruttore che si accinge a percorrere questa strada, ma la pratica va incarnata attraverso un vero e proprio addestramento prima di tutto di se stessi, e poi dopo (forse) di qualcun altro.
Il nostro compito è educare noi stessi, giorno dopo giorno, alle qualità di consapevolezza e compassione, addestrarci alla presenza mentale di mente e di corpo, studiare e conoscere intimamente, e dolcemente, noi stessi con un lavoro che a volte è piacevole e raggiunge fantastiche vette di pace e gioia mentre altre volte è così difficile che sembra di scavare dentro infiniti tunnel pieni di sporcizia e dolore; altre volte invece potremmo sentirci persi e spaesati, come se non stessimo combinando niente di buono. La pratica può portarci dovunque, anche dove non vorremmo, e in luoghi inattesi, lungo la strada verso la riduzione dello stress. Siamo disposti a farci guidare?
Attraverso una comprensione incarnata della pratica, oltre a dare gli esercizi e le pratiche da fare a casa, si potrà dare “il buon esempio” alle persone che guidiamo, e questo esempio sarà la cartina tornasole di quanto abbiamo capito e di quanto riusciamo a esprimere. Quindi va da sé che questa comprensione in ogni momento sarà diversa e che dipende da molti fattori. Per esplorarli, puoi usare queste domande:
- la tua condizione di partenza: in che condizioni emotive, fisiche, sociali, economiche, familiari ti trovi? Ci sono condizioni che rendono la pratica e la formazione molto difficili da svolgere.
- il tempo: quanto tempo hai? sei quotidianamente oberato/a di impegni e doveri? ci sono molte cose cui devi dedicarti necessariamente? hai fretta di usare la pratica nel tuo lavoro? che rapporto hai con le rinunce in generale (di tempo, di attività, di denaro, di libertà, di possibilità, ecc)?
- la tua motivazione di partenza: pratichi perché la Mindfulness va di moda? perché vuoi fare soldi a palate tenendo i corsi? per avere uno strumento in più come terapeuta, insegnante, manager? per la salute?
- il livello della tua esperienza personale: quanto pratichi? da quanto tempo? con quale regolarità? a parte la quantità (comunque importante perché si dice che la pratica sia dose-dipendente, e io sono d'accordo), qual è la qualità della tua pratica? la vedi solo come uno strumento finalizzato a uno scopo predefinito o è qualcosa di più trasformativo?
- la disponibilità interiore a incontrare la sofferenza nelle sue varie forme: se vuoi meditare solo per rilassarti e zittire i pensieri, dov’è lo spazio che dai alla sofferenza? se non ti alleni cosa succederà quando poi, inevitabilmente, ti capiterà di incrociarne la via senza poter scappare o nasconderti?
- lo studio degli insegnamenti tradizionali da cui deriva la Mindfulness (dalla Vipassana allo Zen al buddhismo tibetano) che può dare una visione molto più approfondita della pratica
- la fiducia che hai nella pratica: pratichi solo quando stai bene? pensi di non essere portato/a?
- la disponibilità a impegnarti: sei disposto/a a praticare anche solo pochi minuti al giorno per iniziare, per rendere questa pratica una tua sincera abitudine? E sei disposto/a a esplorare te stesso/a anche quando fa male, a metterti in discussione, a lasciar andare certezze comode quando serve? sei disposto/a a praticare anche quando non vedi risultati o la pratica ti annoia, non ti piace, ti mette ansia, ti fa dormire?
- la frequentazione dei ritiri intensivi di pratica, esperienze profondamente trasformative, con una certa regolarità
- l’appartenenza a un gruppo di praticanti, un Sangha, che condividono l’intenzione di praticare insieme
- la qualità della formazione: infine sì, dulcis in fundo ecco la formazione. Formazione online o in presenza? Universitaria o privata? YouTube e app bastano?
Ma perché parlo di questo invece di scrivere direttamente che scuola fare? Beh, perché qualunque iter formativo è inutile se non si incarna la pratica. Perché inutile? Perché la sola qualifica senza una buona esperienza personale non basta a capire realmente cosa si sta facendo, a capirne pienamente le potenzialità, le difficoltà, le risorse, e può addirittura danneggiare le persone a cui ci rivolgiamo o, alla meglio, essere ininfluente. L'iter formativo è fondamentale per l'esperienza di insegnamento, ma ne è l'inizio e non la destinazione finale.
E come si fa a incarnare la pratica? PRATICANDO. Non iniziate un percorso formativo se sapete già che non avete intenzione di praticare o se non ne trovate il tempo. Piuttosto iniziate gradualmente, frequentando un corso per apprendere, per sperimentare, per avventurarvi alla scoperta. La formazione è fondamentale, e durante le stesse formazioni la pratica è una parte integrante irrinunciabile ovviamente, ma poi si deve praticare anche fuori dalla formazione, quando siamo a casa, presi dai mille impegni e dalle difficoltà, gli stessi impegni e difficoltà che avranno anche le persone a cui “insegneremo” la pratica. La pratica deve diventare una nostra “abitudine”, qualcosa a cui sappiamo di poter tornare, che sappiamo di poter abitare PER NOI prima che per qualunque altro motivo. Deve essere importante per noi, e non solo una tecnica da tirar fuori dal cassetto quando c'arriva la persona con l'ansia.
Potrei sembrare un po’ intransigente su questo punto, e forse lo sono proprio, perché è un punto cruciale per me e fa la differenza tra “praticare” e “usare una tecnica”. La tecnica possono essere bravi tutti (o quasi). La pratica va praticata, va conosciuta, va respirata. Praticare in prima persona farà la differenza anche nell’insegnamento stesso, perché quando parleremo e insegneremo, sarà di qualcosa di cui abbiamo fatto reale esperienza e non che abbiamo soltanto imparato a memoria come una poesia di Leopardi o Montale alle superiori.
Per seconda cosa, posso dire che non conosco tutti gli iter formativi disponibili oggi per formarsi in Mindfulness. Ce ne sono tantissimi, e da qui si genera la confusione che dicevo all'inizio. Quindi, senza fare nomi precisi, darò alcune indicazioni su come scegliere una formazione valida. Se poi siete proprio curiosi di sapere la mia formazione, potete trovare i dettagli nel menu del sito.
Questi consigli sono basati sulla mia esperienza e su quello che penso potrebbe essere migliore. Non conosco tutte le risposte e ognuno è diverso, quindi quello che dico potrebbe non risuonare con l’esperienza soggettiva di qualcuno. Se vorrete condividere vostre esperienze diverse, le leggerò con gratitudine.
- Prima di iniziare una formazione, praticate voi stessi. Frequentate un percorso MBSR (in presenza) con animo curioso ed esploratore, non come studenti; unitevi a un gruppo che pratica Vipassana o Zen; fate delle sessioni individuali se proprio non ci sono gruppi dove abitate. Anche online per iniziare, ma preferiate la presenza. Generalmente, direi che un annetto di pratica prima di iniziare la formazione permette di iniziarla con cognizione di causa. C'è anche chi inizia a scatola chiusa, ma in quel caso io mi domanderei perché: cosa spinge?
- Scegliete una formazione in presenza e che sia basata sulla pratica. Evitate formazioni solo teoriche, videocorsi, podcast che rilasciano attestati di partecipazione (voi volete formarvi, non solo partecipare), incontri con guru che in un weekend vi infondono la vera ed unica scienza della Mindfulness che solo loro hanno e dopo i quali sarete pronti a salvare il mondo
- Studiate la formazione di chi vi forma: che background ha, cosa e come scrive, come parla, che esempio vi dà? Questi non sempre sono dati affidabili, ma possono dare qualche indizio.
- Master Universitari? Sì, ma dipende. Com’è il programma? Chi insegna? Si pratica? E quanto? A quali linee guida fanno riferimento? E' prevista una forma di supervisione?
- Scuole/università private? Come sopra.
- Scuole famose e costose o piccole e più economiche? Come sopra.
- Videocorsi registrati per formarsi da autodidatta a casa nel tempo libero? Scappate.
- Videocorsi in diretta online? Dipende. Sempre informarsi sul programma, i docenti e le modalità di insegnamento. Prima di pensare a far “fruttare” l’attestato e mettersi all’opera, i videocorsi a mio avviso vanno integrati con pratica in presenza e pratica personale, sempre, e tanta. Comunque in generale io scapperei anche qua...
- Per condurre i protocolli basati sulla Mindfulness (per esempio, l’MBSR o gli altri), affidatevi alle formazioni specifiche per quei protocolli. Se la formazione che avete fatto non ha esplorato la struttura del protocollo, i contenuti, il materiale, le pratiche, i processi coinvolti, la gestione delle criticità e se non avete fatto nessuna supervisione, non era una formazione specifica per quel protocollo. Come fate a condurre un MBSR se non sapete com'è fatto? Non improvvisatevi.
- Per integrare semplici e brevi pratiche di Mindfulness nel lavoro che già fate, abbiate cura di averne buona familiarità e di saper gestire le prevedibili difficoltà. Con una buona formazione (e non un corso ECM di 12 ore, e neanche 50) e una buona pratica personale dovreste cavarvela.
- Continuate a studiare, aggiornarvi e praticare anche dopo la formazione. La formazione non finisce con la qualifica.
Ho cercato di essere al massimo esaustiva e spero non troppo prolissa (ma vi avevo avvisato!). Spero di aver chiarito alcune delle aree ombrose e sarò felice di leggere delle vostre esperienze, uguali o diverse, o di altri dubbi, domande, curiosità.
Il cammino di pratica
è un cammino meraviglioso.
Porta chiarezza e serenità anche dove c’è buio,
e crea quella sicurezza emotiva che serve
per abbracciare il dolore della vita
con compassione
e per aprirsi alle gioie con equilibrio e pienezza!
Che possiamo percorrerlo felicemente,
e ispirare gli altri a fare altrettanto!
FEDERICA GAETA
Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica
Istruttrice Qualificata Mindfulness e prot. MBSR
spaziomindful@gmail.com