Che cos’è questo? La pratica della curiosità

Come sarebbero le nostre giornate se non ci trovassimo mai in quell’attitudine mentale chiamata curiosità? Se nulla mai ci scuotesse dal torpore del “già visto, già conosciuto”? Se non fallissimo mai nell’inserire scrupolosamente ogni esperienza, ogni situazione, ogni emozione nella sua giusta casella, al “posto giusto”?

Forse sarebbero giornate più facili, ci sarebbero meno incertezza, meno ansia, meno rischio di mettersi in discussione. Staremmo veramente meglio o saremmo solo meglio difesi dalle nostre paure?

Eppure è quello che facciamo di solito non appena ci imbattiamo in (non voglio dire tutte) quasi tutte le esperienze, belle o brutte che siano. Subito le etichettiamo, le mettiamo al loro posto.

Questo è così”.
Quest’altro è così”.
Questo lo conosco, è così”.

Per quanto a volte questa tendenza possa effettivamente essere utile, ci sono altre volte in cui ci fa fossilizzare in modalità di percepire, interpretare e reagire alle situazioni che non rispondono realmente alla situazione presente, ma reagiscono ad un’immagine cristallizzata nella nostra coscienza e derivante da esperienze, preferenze, impressioni passate. In questo caso, non stiamo vivendo nel presente (il qui-e-ora di cui tanto piace parlare) ma stiamo ripetendo un copione passato. Quello sì, già visto, già conosciuto.

E dov’è, quindi, il presente? E’ possibile per noi un altro modo di percepire, interpretare, reagire ad un’esperienza che sia, almeno un po’, libero dal condizionamento del passato?

E’ un quesito che spesso mi pongo, e la risposta a cui arrivo di solito è “ni”. Ni perché da un lato è inevitabile subire il condizionamento di esperienze passate, ma dall’altro scorgo sempre la possibilità di un piccolo spazio di scelta e azione consapevoli. “Possibilità” perché se lascio fare all’abitudine sicuramente questo spazio non sarà alla mia portata ma se mi oriento intenzionalmente verso un’attitudine di curiosità, allora sì, eccolo! Posso agire diversamente.

Nella pratica di meditazione di consapevolezza, uno degli insegnamenti principali ci invita ad accogliere ogni stimolo sensoriale (del corpo, dei sensi, della mente) con la domanda curiosa: “Che cos’è questo?”
La potenza di queste 3 parole è inimmaginabile.

Il “che cos’è questo?” ci traghetta immediatamente in uno spazio vuoto di esperienza, dove nella mente sboccia (proprio come un fiore) la curiosità. E’ uno stato mentale composto da energia, gioia, libertà dai preconcetti e dalle etichette, apprezzamento aperto e genuino delle cose così come sono.

Ed è così che chiedendomi “Che cos’è questo?” posso esplorare anche il dolore fisico (avete presente quel mal di schiena durante la pratica seduta?), la sofferenza mentale (ansia, paura, tristezza, rabbia ed altri ospiti), o il comportamento aggressivo di un’altra persona, senza farmi travolgere dalla reattività. Questa non è affatto cosa di poco conto.

Che cos’è questo?” ci fa tuffare di testa nella mente del principiante, pilastro numero uno della mindfulness e cardine della consapevolezza non giudicante del momento presente. E’ lo sguardo del bambino, per natura curioso ed esploratore.

Togliere in questo modo la ragnatela del “già visto, già conosciuto” libera le potenzialità creative della mente, ci dona il coraggio di cambiare una situazione e può darci preziosi insight su noi stessi.


FEDERICA GAETA

Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica

Istruttrice Qualificata Mindfulness e prot. MBSR

tel. 327 49 58 256

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